Siccome ormai non sanno più che cosa inventare per giustificare l'ennesimo "intervento umanitario", dopo cimiteri caratteristici in riva al mare mascherati da fosse comuni, uomini addestrati dalla Cia travestiti da leader dell'opposizione, combattenti in divisa guidati dalla Nato presentati come ribelli della domenica, stanno ritrasmettendo vecchi episodi della saga libica per ricordarci continuamente che Gheddafi è il cattivo: per questo motivo sentiamo parlare negli ultimi giorni di Hana Gheddafi, la figlia probabilmente non-morta del Colonnello e di Al-Megrahi, l'improbabile responsabile dell'attentato di Lockerbie non-ancora-ma-quasi-morto. La propaganda ha lavorato talmente bene che è impossibile difendersi da questo diluvio di cazzate, se non si fa un passo indietro.
"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato."
1984, Orwell
Tra Stati Uniti e Libia non è mai corso buon sangue. Tralasciando l'episodio di Ustica del 1980, in cui invece dell'aereo che trasportava Gheddafi venne colpito per errore un aereo civile italiano, i soliti Alleati tentarono in tutti i modi di far fuori la Guida della Rivoluzione che portò alla caduta della monarchia di re Idris nel 1969.
Nell'estate del 1981 il Newsweek pubblicò un articolo che denunciava "Un piano per rovesciare Gheddafi", una costosa campagna di destabilizzazione messa in atto dalla Cia, in accordo con alcuni membri del Congresso, che prevedeva: un programma di disinformazione per mettere in difficoltà il governo del Mu'ammar, la creazione di un governo di opposizione che sfidasse la sua leadership e una campagna paramilitare condotta attraverso operazioni di guerriglia.
Un interessante articolo di Repubblica del febbraio 1987 rese pubblico il tentativo della Casa Bianca di convincere l'Egitto a invadere la Libia con l'appoggio militare statunitense, per rovesciare Gheddafi e ridisegnare la mappa del Nord Africa: nel 1985 Reagan mandò l'ammiraglio Poindexter a parlare con Mubarak, il quale non lo lasciò neanche finire e rispose "Guardi, Ammiraglio, se e quando attaccare la Libia lo decidiamo noi"; non contento, Reagan nel gennaio 1986 firmò una direttiva segreta che autorizzava la Cia a rapire sospetti terroristi in altri Paesi per processarli in America.
Il 5 aprile del 1986 esplose una bomba nella discoteca La Belle, Berlino Ovest, frequentata da molti soldati americani: ci furono 3 morti e 230 feriti. Subito si puntò il dito contro la Libia, colpa anche delle sciagurate dichiarazioni di Gheddafi di pochi giorni prima. Ma la prova incriminante venne fornita dall'NSA, l'Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, che aveva intercettato un messaggio radio inviato dall'ambasciata libica in Germania a Tripoli: "L'operazione è stata portata a termine con esito positivo".
Victor Ovstrovsky, che in quel periodo lavorava nei servizi segreti israeliani testimonierà qualche anno dopo che il Mossad aveva installato un cavallo di Troia a Tripoli: un trasmettitore che inviava messaggi falsi, per fare in modo che venissero intercettati dagli americani e far quindi sembrare che il governo libico stesse trasmettendo ordini alle ambasciate per organizzare azioni terroristiche. E infatti questi messaggi vennero decifrati e considerati come una prova del ruolo della Libia come sponsor del terrorismo.
I francesi e gli spagnoli si insospettirono, perché sembrava strano che i libici, che erano stati estremamente attenti in passato, dalla sera alla mattina, si fossero messi a organizzare attentati sulla pubblica piazza. Senza contare che alcuni report del Mossad erano stranamente codificati in maniera molto simile alle comunicazioni libiche. Per questi ed altri motivi i francesi negarono ai cacciabombardieri americani il permesso di sorvolare la loro zona aerea per attaccare la Libia.
Addirittura durante il processo ai cinque imputati dell'attentato, il procuratore Neumann affermò che c'erano prove inconfutabili che la Stasi, il servizio segreto della Germania Est, fosse a conoscenza dei preparativi del complotto ma non fece nulla per impedirlo.
Insomma l'attentato alla discoteca La Belle fu una perfetta operazione false flag.
Alla luce di tutto ciò non si può che rabbrividire di fronte ai titoloni sui giornaletti dell'agosto 2011 "Hana Gheddafi è viva. Gheddafi ha mentito!" e ai commenti cinici di insignificanti lacché, che, invece di tirare un sospiro di sollievo per la "resurrezione" di una bambina di un anno che in ogni caso non avrebbe avuto nessuna colpa, si scandalizzano perché Gheddafi avrebbe preferito "farsi compatire piuttosto che ricordare che quei missili erano la risposta di Reagan all'attentato alla discoteca La Belle" e avrebbe sfruttato le circostanze per creare uno "strumento formidabile della propaganda del regime contro l'Occidente" (infatti era proprio a corto di argomenti, dopo qualche manciata di tentativi di colpi di stato e attentati a suo danno).
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